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di Giuseppe Longo

Fra pochi giorni, il 21 novembre, ricorre la Festa della Madonna della Salute e a Nimis è antica consuetudine che venga celebrata con una Messa a San Mauro, Chiesa “campestre” fino a qualche decina di anni fa, ma ora immersa nel borgo Molmentet, il primo nucleo abitato che si incontra arrivando da Tarcento o da Udine. Una tradizione che si è consolidata proprio in questo luogo – nonostante fosse dedicato, con molta probabilità, piuttosto che all’Abate benedettino al più antico martire di Parenzo -, e non nel Santuario mariano delle Pianelle. Ma Coronavirus, il morbo che si è riaffacciato prepotentemente anche nel paese pedemontano, non fa sconti e cancella le tradizioni, o per lo meno le “congela” mettendole in “stand by”. Così, sabato prossimo, il rito per la prima volta non si terrà a San Mauro, bensì nel Duomo di Santo Stefano, dove oggi si è celebrata la Giornata del Ringraziamento. E il motivo è presto detto: la Messa della “Madone de Salût” è molto partecipata, per cui è ovvia la scelta a favore dell’ampia comparrocchiale che consente il tanto sollecitato distanziamento fra le persone. Di necessità virtù, insomma. Anche se la festa perde il suo richiamo popolare e campagnolo: dopo le preghiere, sul sagrato, è infatti tradizione che alcune volonterose donne del borgo offrano ai fedeli infreddoliti (ma non pare il caso di quest’anno) i caldi “ufiei”, piccole rape lesse, oltre a un corroborante caffè corretto con grappa.

Il Duomo di Santo Stefano.

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San Mauro è legato anche un’altra bella usanza contadina: quella di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali allevati (“Sant Antoni des bestis”), che si celebra il 17 gennaio. Ma oltre a queste ricorrenze tradizionali, la Chiesetta svolge ormai da parecchi anni la funzione di “cappella feriale”, di cui non è stato dotato il Duomo. Un errore, evidentemente, non averne progettata una all’interno di questo Tempio così grande. E questo ha fatto sì che la Chiesetta fosse frequentata abitualmente nel corso di tutto l’anno liturgico e non solo in un paio di occasioni o poco più. I lavori di restauro e sistemazione, richiesti dopo il terremoto, hanno riportato il luogo sacro alla sua sobrietà e hanno consentito di datarne meglio le origini che vanno oltre l’attuale impianto quattrocentesco (prime notizie scritte del 1336) e che risultano antiche quanto quelle della Pieve dei Santi Gervasio e Protasio. La Chiesa fin dai suoi albori è stata dedicata, come detto, con molta probabilità a San Mauro, primo Vescovo di Parenzo – che peraltro si festeggia pure lo stesso 21 novembre, come la Madonna della Salute istituita nel 1630, ai tempi della peste (la storia si ripete…), dalla Serenissima, sotto la cui giurisdizione ricadeva anche Nimis prima dei settant’anni asburgici -, splendida cittadina sulla costa istriana, dove fu fatto martirizzare dall’imperatore Diocleziano, passato alla storia come il più acccanito persecutore dei cristiani. Mezzo secolo fa, pochi anni prima del sisma, venne trafugata la bella pala d’altare: ricordo ancora le addolorate parole con cui il cardinale Ildebrando Antoniutti condannò il furto sacrilego, durante una sua predica nella Chiesa matrice, dove era solito celebrare a ogni ritorno nel paese natale. In tempi abbastanza recenti, quel dipinto su tela è stato efficacemente rimpiazzato, riprendendo i soggetti raffigurati, da un olio di Renato Toso, artista udinese scomparso sei anni fa e molto legato a Nimis, tanto da non mancare alla Festa della Salute e da realizzare opere che oggi lo ricordano in altre Chiese.

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In copertina e qui sopra ecco la Chiesetta di San Mauro a Nimis.

 

 

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