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(g.m.) Anche la Valcanale, con le sue bellezze storico-ambientali, è protagonista di una grande mostra fotografica che sarà aperta oggi, alle 18, nella suggestiva cornice del Palazzo Veneziano di Malborghetto, dove potrà essere visitata per oltre un mese e cioè fino al 25 ottobre. Presentatore e moderatore dell’evento inaugurale l’architetto Ivo Buzzi. Interverranno il presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Udine, Paolo Bon, e amministratori locali.
Si tratta del resoconto del Secondo Progetto/Rassegna/Indagine dell’Associazione AAA (Architetti Arco Alpino) che raggruppa 10 Ordini professionali provinciali degli Architetti- Pianificatori-Paesaggisti e Conservatori, attestati sul fronte meridionale dell’Arco Alpino, da Ovest ad Est, in particolare quelli di Cuneo, Aosta, Torino, Vercelli, Novara-Vco, Sondrio, Trento, Bolzano, Belluno e Udine, che in collaborazione con Urban Reports (Collettivo di Architetti Fotografi-Paesaggisti con sede a Rotterdam – noti per la loro partecipazione alla Biennale di Venezia del 2017/18 in Arcipelago Italia -, hanno prodotto una sintesi fotografica, previo sopralluoghi ed incontri con referenti locali, ricercando, indagando, restituendo e comparando immagini particolari in 10 Valli secondarie del nostro territorio alpino, a sottolineare “differenze e somiglianze”, quasi a creare una sensazione di “spaesamento/disorientamento”. Per il Friuli Venezia Giulia è stata proposta e scelta, appunto, la nostra bellissima Valcanale con il suo comprensorio di triplice confine, plurietnico,multiculturale, plurilinguistico.
La struttura del racconto si sviluppa su tre grandi aree tematiche, macrocapitoli o temi:
1) Le forme nello spazio (l’abitare attraverso il tempo)
2) Risorse e produzione (Sistemi produttivi esistenti e vocazioni)
3) Meccanismi (Infrastrutture di varia scala e genere).
Possibile aggiungere e intravvedere anche la presenza di un quarto capitolo identificabile nel Turismo.
Le vallate indagate sono:
Val Tanaro, Cuneo
Val Chisone, Torino
La conca di Saint-Nicolas, Aosta
Val Sesia e Val Sermenza, Vercelli
Val Divedro, Novara/Vco
Valmalenco, Sondrio
Val Martello, Bolzano
Val di Rabbi, Trento
Comelico, Belluno
Tarvisio/Valcanale, Udine
“Urban Reports – si legge in una scheda – è un collettivo internazionale di fotografi che raccontano il paesaggio e l’architettura, attraverso reportage su scala urbana e territoriale. Il gruppo, formato da fotografi-architetti, propone l’uso della fotografia come strumento per indagare ed esplorare i paesaggi contemporanei. Il loro lavoro documenta le aree interne, i luoghi del conflitto latente quali sono i territori di confine, i bordi dello spazio urbano o al contrario le intromissioni delle infrastrutture all’interno degli spazi rurali e più in generale nel paesaggio.
Parliamo di un paesaggio che mostra sulla propria pelle le stratificazioni di storie, culture, modi di abitare e operare nei tempi. Centri abitati, infrastrutture, opere, coltivazioni, allevamenti, costruzioni, scavi… sono segni – sovente cicatrici – profondi di un passato e un passaggio dell’uomo che, nei tempi recenti, ha compiuto col turismo un rapido ribaltamento del rapporto uomo-natura. Da patrimonio comune, la montagna è diventata prodotto e i territori un valore economico. Fatto spesso di lottizzazioni e sovraproduzione di seconde case. Sono cambiate le forme dell’abitare (primo capitolo), spostatesi con le residenze in bassa-media valle, lasciando comunità rese mute dallo spopolamento, immobili abbandonati o vuoti per lunghi periodi; e un’urbanizzazione del fondo valle con un carattere fortemente estraneo al contesto alpino.
Vi è poi il secondo capitolo dedicato alle risorse e alla produzione, in cui le immagini amplificano i segni di un tempo che ha sfruttato le risorse locali (agricole, industriali o estrattive) plasmando il territorio: lo ha reso fertile e produttivo, ha costruito condotte e impianti e ha scavato pietra ed estratto metalli. Lasciando poi sul terreno, una volta abbandonate, piloni, involucri vuoti, cave dismesse, borghi in rovina, voragini, scavi, esempi di archeologia industriale, divenuti talvolta
landmark o land-art.
Il terzo e ultimo capitolo d’indagine riguarda i meccanismi, ossia le micro e le macroinfrastrutture che per rendere possibile la convivenza uomo-montagna – reti, chiodature, protezioni, strade, ponti, sentieri, bacini di raccolta, terre armate, dossi, muri e parcheggi, ma anche piccoli e misteriosi marchingegni segnalati come pericolosi – che imbrigliano, avvolgono, tagliano, superano i pendii, sostengono, creano connessioni, avvicinano, aderiscono alla roccia e disegnano paesaggi. La riflessione qui si concentra tra la forza immensa dell’elemento vivo naturale e l’azione di contenimento dell’uomo.
Questo itinerario a tappe lungo un territorio vasto e complesso si è aperto a incontri con le comunità locali, rivelando, nelle diversità, la comunanza di intenti e sfide, aprendo un confronto su temi analoghi sviluppati secondo le tradizioni locali che costituiscono un patrimonio (di architettura, conoscenza, linguaggio, cultura, tradizione…) oggi ancora fondamentale. Accanto alla montagna urbanizzata, modellata, livellata, disboscata e infrastrutturata per renderla accessibile, globalizzata e appetibile ai villeggianti, ci sono valli abitate da comunità stanziali che sfidano ogni giorno l’ambiente ostile con tenacia; a fianco degli esempi di sopravvivenza e resistenza – e all’opposto dei fenomeni di abbandono – si trovano forme di ritorno e riscoperta del vivere le terre alte, pur con le difficoltà del caso. Dove terra, pietra, acqua, bosco, habitat, pendii e clima sono, sì, risorse e occasioni di rilancio produttivo, ma tornano a essere soprattutto beni ambientali collettivi. Dando segnali incoraggianti di un ripensamento del territorio alpino come paesaggio culturale e patrimonio comune insostituibile”.
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In copertina e qui sopra architettura tipica, storica e contemporanea, a Camporosso e a Tarvisio.